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Moda

Gattinoni: la forza del marchio è nello slogan “Made in Italy”. Intervista a Stefano Dominella

Quella della maison Gattinoni è una storia che racchiude le tappe tipiche del percorso di ogni grande stilista verso il mondo dell’alta moda internazionale.A 19 anni, il talento di Fernanda Gattinoni l’ha fatta emergere quale promessa della maison Molyneaux di Londra, griffe della casa reale nel 1925.Tornata in Italia e affermatasi come collaboratrice della sartoria Ventura, prima a Milano e poi a Roma, nel 1946 avviò l’attività del suo atelier. Tra le sue clienti vantava personalità e star mondiali, complicela vicinanza all’Hotel Excelsior di Roma.

Gattinoni e l’evoluzione del marchio con Stefano Dominella e Guillermo Mariotto

Da allora il marchio si è evoluto. Raniero Gattinoni ha curato un importante restyling della griffe insieme a Stefano Dominella, attuale presidente della Maison. Nel 1994 Guillermo Mariotto è diventato direttore creativo della maison. Due anni dopo, nascono la prima collezione di prêt-à-porter e i marchi:

gattinoni e mariotto
  • Gattinoni Boutique,
  • Tempo,
  • Gattinoni Basic,
  • Pret d’Immagine,
  • Gattinoni Softwear,
  • Gattinoni Domus.

In questa intervista, ho avuto modo di confrontarmi con Stefano Dominella, Presidente della Maison Gattinoni Couture.

Insieme a Raniero Gattinoni avete dato vita alla “Raniero Gattinoni Prêt-à-porter” e intrapreso un restyling della griffe.

Avete sviluppato una nuova strategia di distribuzione e di vendita per entrare nel mercato internazionale. Come è cambiata, da allora, l’immagine dei prodotti Gattinoni e la percezione del vostro brand da parte del pubblico internazionale?

«Da allora è cambiato il mondo, è cambiato il canale di distribuzione, è cambiato l’approccio con il cliente finale, quindi ci siamo assolutamente adeguati alla contemporaneità. Chi acquista una creazione Gattinoni ha il valore aggiunto della storia che ha reso grande il marchio. La stessa storia che è simbolo di qualità e credibilità. L’heritage per noi importantissimo».

Lei insegna comunicazione e strategie di marketing legate al mondo della moda in diverse accademie e università.

Come si pone, oggi, la maison nei confronti del pubblico? Quale strategia comunicativa preferite e quale immagine si vuole dare attraverso le pubblicità?

«Sicuramente la comunicazione oggi è cambiata perché sono cambiati i canali d’informazione. Con l’avvento del web, abbiamo scoperto un nuovo mondo dove tutto scorre velocemente. Una notizia o un’immagine può fare il giro del mondo in pochi secondi. Prediligiamo una comunicazione che tiene molto unite la storia, quindi il passato e la contemporaneità».

Allestite spesso esposizioni ed eventi all’estero, negli Stati Uniti ma anche in Cina, Slovenia, Montenegro, Oman.

Stefano Dominella
Stefano Dominella

Sono paesi dove ci sono abitudini e costumi molto differenti tra di loro e dove anche il modo di vestire può essere fortemente condizionato dalla cultura di appartenenza. Che tipo di risposta c’è a queste iniziative? Qual è la partecipazione del pubblico a queste mostre?

«Io credo che la forza del nostro marchio sia racchiusa nello slogan Made in Italy. Noi siamo promotori e ambasciatori di quel “bello e ben fatto” che ha reso l’Italia famosa in tutto il mondo. Le nostre iniziative raccolgono ampi consensi di pubblico e di critica ovunque andiamo, dal nord al sud del mondo».

La commercializzazione dell’alta moda all’estero, secondo lei, può avere un’influenza in qualche modo positiva sul cambiamento delle abitudini di ogni nazione?

«Un vero abito d’alta moda, disegnato e creato in esclusiva per una cliente, non subisce variazioni dettate da abitudini culturali diverse. Al contrario, unisce tutti sotto il segno del “bello e ben fatto”. L’alta moda racchiude un mestiere antico, che appartiene a pochi eletti: se dovessi identificarla in uno slogan sceglierei “il sapere delle mani”».

Scrivo spesso dell’impegno di molte aziende di alta moda nell’introduzione di tecniche di produzione attente all’eco sostenibilità dei propri articoli.

sfilata gattinoni

Voi avete un “abito-manifesto” per ogni anno:

  • ricordiamo nel 1997 il “Beautiful Garbage”, un abito “ecologico” che anticipava i temi della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico;
  • nel 2008 il “Beautiful Recycle Garbage” creato con tessuti ecocompatibili, bioetici e biodegradabili, scarti di ferramenta e ritagli di atelier.

Siete ancora attivi in questo senso? Quanto è possibile, secondo lei, proseguire in questa direzione? Il pubblico la apprezza?

«Siamo stati i primi a realizzare una collezione d’alta moda interamente ecosostenibile. Utilizzando, ad esempio, una fibra derivata interamente dal mais, biodegradabile, che è servita a creare straordinari abiti da sposa e da red carpet. Siamo molto sensibili alla tematica del rispetto della natura che genera una moda sostenibile. Ormai la salvaguardia del pianeta terra è diventata un obbligo per tutti. Anche per le linee di prêt-à-porter realizziamo una capsule collection che prevede l’utilizzo di tinture e materiali ecosostenibili».

Candy Valentino

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