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Moda

Pubblicità e moda. Come è cambiato il fashion advertising in Italia

Le pubblicità nella moda oggi puntano sempre più a vendere emozioni. Gli elementi simbolici ed evocativi prevalgono in molti casi su quelli tecnici e in questo senso il brand assume un ruolo portante nel marketing. Sono sempre di meno, infatti, le mode capaci di diffondersi come accadeva in passato e seguire la moda significa ormai reinterpretarla in termini personali. Mentre in passato il prodotto pubblicizzato non veniva distinto dalla marca, ora quest’ultima svolge una funzione sia identificativa che emozionale. Grazie a questo cambiamento, la pubblicità ha acquisito una sua dignità artistica divenendo espressione del genio creativo.

Vestirsi seguendo le proposte della moda permette a ciascuno di creare la propria identità sociale. Ognuno prende in prestito spunti dall’immaginario del marchio, per ricomporre il tutto in modo imprevedibile.La pubblicità creativa ha assunto così anche lo scopo di esaltare il rapporto tra un articolo e il consumatore, spesso violando consolidate norme comunicative.

Lo shockvertising di Oliviero Toscani: cambia il rapporto tra pubblicità e moda

Quello di Oliviero Toscani è senza dubbio uno dei nomi che ha maggiormente rappresentato il cambiamento della comunicazione pubblicitaria. Le pubblicità rivoluzionarie della Benetton hanno contribuito a far diventare il brand di “moda democratica” un fenomeno mondiale riconosciuto, riaffermando il concetto fondante del gruppo: United Colors di Benetton non solo in riferimento all’armonia tra le tinte dei capi di abbigliamento ma anche come pacifico accordo fra le razze umane.

Anticonformista e provocatore, Toscani ha lavorato con famosi giornali e griffe, e il suo “shockvertising” è stato esposto nei musei d’arte più noti. Per oltre cinquant’anni le campagne curate da Toscani hanno saputo unire la critica sociale a immagini semplici e di impatto. Più volte le sue foto sono state censurate e sono tutt’ora ritenute controverse. Nel 2007, ad esempio, ha suscitato clamore la campagna pubblicitaria “No anoressia-Nolita”. Questa mostrava l’immagine di una ragazza nuda di corporatura scheletrica. L’obiettivo era quello di attirare l’attenzione sui problemi alimentari spesso generati dai modelli di bellezza proposti dalla moda.

Il fashion advertising accende le critiche

Tempo fa, invece, è stata oggetto di critiche la campagna pubblicitaria di scarpe realizzata da Eredi Corazza. Protagonista della pubblicità ideata dall’azienda di Frascati specializzata nella vendita di accessori e calzature, era una donna stesa a terra. Indosso aveva jeans strappati e abbassati, una maglia sollevata e un paio di scarpe nere con la zeppa. Molte segnalazioni sono arrivate all’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, ente privato che regolamenta la comunicazione commerciale per una corretta informazione del consumatore.

Pubblicità e moda, il caso Diesel

Nel 2013, poi, in una situazione politica caratterizzata da frequenti tensioni di islamofobia, c’è stato il caso del marchio italiano Diesel dell’imprenditore Renzo Rosso. In un’immagine pubblicitaria ha messo al centro una modella dai lineamenti occidentali, con tatuaggi in evidenza sulla schiena e sulle braccia, occhi truccati e viso coperto da un burka realizzato in tessuto jeans. “Non sono quello che sembro”, recitava la campagna lanciata dalla nota multinazionale dell’abbigliamento, suscitando l’indignazione di musulmani e femministe.

Nel 2015 è stata la volta degli spot ispirati al concetto di Gender Neutral e l’anno seguente è arrivato l’annuncio che Diesel avrebbe fatto pubblicità sui più visitati siti porno e gay: «Andiamo dove va la gente» ha dichiarato Nicola Formichetti, direttore artistico di Diesel in un’intervista rilasciata in inglese a Dazed «facciamo ancora pubblicità con i manifesti e sulle riviste perché sono importanti ma sempre di più dobbiamo investire in telefoni, iPad, schermi digitali, siti internet. Alla Diesel, inoltre, vogliamo parlare di cose di cui non parla nessun altro: la sessualità è ancora un tabù al mondo d’oggi».

I social network e le nuove dinamiche del fashion advertising

Siti porno a parte, molti colossi del lusso hanno incrementato i loro investimenti sui social network e diminuito quelli sui mezzi tradizionali. Instagram, in particolare, basandosi sull’utilizzo di foto amatoriali, è anche la piattaforma migliore per raggiungere un target di clienti giovane. Artisti di ogni genere sono utenti di questo social e le modelle vi hanno assunto il ruolo di vere ambassador della moda.

I diritti delle donne nelle pubblicità della moda

pubblicità e moda

Non molto tempo fa a New York, è stata organizzata la marcia della campagna WomenNotObjects, per sottolineare la necessità di un atteggiamento di parità nei confronti delle donne, anche nel settore della pubblicità. L’evoluzione dell’immagine femminile nelle campagne di bellezza è passata da quelle degli anni Settanta, che sponsorizzavano prodotti maschili come cravatte, scarpe da uomo e sigarette e vedevano la donna unicamente come casalinga e non come consumatrice, ai metodi più subdoli e meno dichiaratamente sessisti dei tempi odierni. Dal mito delle curve da Pin Up degli anni ‘50 e ‘60 si è giunti fino all’estremo opposto degli anni 2000, complici le passerelle del prêt-à-porter calcate da creature esili dai canoni fuoriserie. Un nuovo cambiamento è in corso tra le maison che propongono testimonial dalle forme ritrovate.

La donna dell’odierno fashion advertising

Ne emerge il ritratto di una donna che, attraverso un lungo processo di rincorsa dell’uomo nell’autoaffermazione, si è sì evoluta, ma non è del tutto cambiata: la voglia di riconoscersi in un brand che è anche specchio di un’ideologia e del proprio posizionamento estetico-sociale resta invariata, qualunque sia la generazione femminile presa in esame.

Candy Valentino

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