La moda e gli abiti tradizionali in Cina: quando il “made in China” era di pregio
In Occidente siamo abituati a pensare alla Cina come alla nazione delle imitazioni e delle produzioni di articoli scadenti e a basso costo. L’idea di made in China che si è sviluppata a partire dal 1950 e si è diffusa molto negli utili vent’anni anche in Italia è quella di prodotti non conformi alla normativa e contraffatti. Nel settore dell’abbigliamento, non di rado, anche articoli con etichettatura made in Italy risultano in realtà provenire da aziende cinesi.
Sebbene questo approccio aggressivo all’economia internazionale da parte della Repubblica Popolare Cinese e questa cattiva reputazione dei produttori cinesi come “imitatori” possa lasciar pensare a scarsa creatività ed originalità nel settore locale dell’abbigliamento, in realtà anche la Cina ha le sue antichissime tradizioni in fatto di moda.
La storia degli abiti tradizionali in Cina
L’abito cinese di cui si hanno maggiori testimonianze è quello legato alla dinastia Han, chiamato infatti hanfu, che si è modificato più volte nel corso dei secoli. Negli scritti di epoca Shang (1600-1000 a.C), si trovano descrizioni dell’hanfu nelle quali la casacca che arrivava alle ginocchia era chiamata yi. Qusta si legatava con una fascia e copriva in parte la gonna lunga fino alle caviglie, detta shang. L’abito tradizionale cinese era completato dal bixi, una parte di stoffa che raggiungeva le ginocchia, la cui origine risale a quando il popolo indossava le pelli degli animali per coprire l’addome e i genitali. Divenuta nel tempo un elemento importante dell’abito cerimoniale, era considerata protettrice della dignità reale. Il bixi dell’imperatore era di colore rosso.
L’hanfu o huafu ha più di 3000 anni e sembra che il suo nome sia legato anche al leggendario imperatore giallo, Huanodi (2698-2598 a.C), uno dei sovrani-eroi cinesi raccontati dalle leggende nazionali.
Differenze tra i costumi tradizionali da uomo e da donna in Cina
Come per i costumi tradizionali e gli abiti popolari di molte altre civiltà di cui abbiamo già parlato, anche gli antichi abiti tradizionali cinesi si distinguevano innanzi tutto tra capi per gli uomini e per le donne.
Per le donne, il costume tradizionale in Cina consisteva in casacche lunghe fino a terra; quello per l’uomo, invece, arrivava fino alle ginocchia. Le maniche degli abiti popolari erano ampie e ornate con fasce decorate. Lo shenyi segna la nascita della differenza di genere nell’abito cinese. Shenyi vuol dire “avvolgere il corpo” e richiama l’etica cinese, che proibiva la vicinanza tra uomo e donna. Moglie e marito, secondo questo principio, non dovevano vestire in maniera simile.
Poiché il progresso tecnologico nella Nazione, anticamente, era limitato, nella produzione dei costumi tradizionali era possibile usare solo i colori primari: blu, rosso, giallo e verde.
Principali abiti tradizionali in Cina
Le dinastie che promossero uno stile severo e classico negli abiti furono la Qin e la Han. Il lusso fu una prerogativa del periodo Tang. La dinastia Song, invece, adottò uno stile più delicato e leggiadro mentre la dinastia Ming puntò sull’eleganza. Al periodo dei Qing si attribuisce il merito della maggior ricerca stilistica nei capi di abbigliamento. Nella tradizione dell’abbigliamento cinese si distinguevano:
- pien fu, completo da cerimonia costituito da casacca e gonna per le donne o pantaloni per gli uomini;
- ch’ang p’ao, vestito costituito da una casacca che arrivava alle caviglie;
- shenyi, completo in due pezzi, in realtà cuciti insieme;
- hanfu composto da vari strati, uno interno chiamato zhongyi (中衣) ed uno esterno coperto da un soprabito aperto;
- mianfu, indumento degli imperatori, il cui ricamo tipico era il dragone. Le calzature abbinate al mianfu erano di seta nera o rossa, con una doppia suola di legno o lino o pelle, a seconda della stagione.
Le decorazioni e i ricami erano più elaborati e preziosi sui capi di abbigliamento delle classi sociali più importanti. La dinastia Zhou, in modo particolare, riuscì ad evidenziare le differenze delle classi sociali grazie al pregio e alle decorazioni degli abiti. L’yi dei più ricchi, ad esempio, veniva legato con una fascia adornata da pietre di giada.
La chiusura dell’abito tradizionale cinese
Nella cultura orientale c’è una certa ostilità nei confronti della chiusura dell’abito che segue il mancinismo. I cinesi consideravano strano questo tipo di chiusura e nel susseguirsi delle epoche, l’argomento fu anche al centro di polemiche e discussioni. Il problema riguardava in particolare il modo in cui si doveva indossare l’hanfu. Nella maggior parte dei casi, fu scelto di avvolgerlo attorno al corpo privilegiando il lato destro. La “chiusura” che si nota in un gran numero di raffigurazioni storiche è dunque quella che vede il lembo sinistro su lato destro.
L’uso dell’abito tradizionale Cinese oggi
Mentre la popolazione cinese si è aperta sempre di più ai canoni di abbigliamento occidentali ed anche in Cina sono ormai ricorrenti settimane dell’alta moda simili alle nostre, i cinesi ancora oggi conservano almeno un modello di hanfu per ciascun membro della famiglia. Lo indossano durante i festival e le cerimonie nazionali, locali o della famiglia, come in occasione del passaggio dei ragazzi alla maggiore età. Nell’ambito religioso, viene ancora indossato dai rappresentanti del Taoismo, del Buddhismo e del Confucianesimo.
I modelli diffusi attualmente sono quelli creati attorno al 1920 a Shanghai, chiamati changshan 长衫 in cinese e chèuhngsàam in dialetto cantonese e più conosciuti in Occidente. Uno dei primi film occidentali che ci ha reso noto questo abito tradizionale cinese è “Il mondo di Suzie Wong” del 1960 di Richard Quine. Non mancano altri esempi tra i manga e i cartoni animati come nel caso del personaggio di Shampoo, una delle protagoniste dell’anime Ranma ½, la quale indossa un cheongsam viola o rosso.
Candy Valentino